
Storie di patronato, direttore Epasa-Itaco CNA Milano
Estratto dal bimestrale di informazione Epasa-Itaco n. 4
Ero appena rientrata dalla pausa caffè quando, seduto fuori dall’ufficio, vedo un ragazzo con in mano dei foglietti. Lo invito ad entrare e lui, con un po’ di timidezza, mi dice: “Buongiorno, mi manda Giovanni dall’Australia”.
Giovanni è il mio collega dell’Epasa – Itaco di Sydney (e già, il nostro Patronato oltre ad avere sedi su tutto il territorio italiano ha anche delle sedi all’estero e, per la precisione, in Germania, in Francia, in Svizzera, in America, in Brasile, in Belgio, in Canada e, appunto, in Australia), che qualche giorno prima mi aveva inviato una mail contenente quasi tutta la documentazione necessaria per poter richiedere la Naspi da rimpatrio di Alberto (così si chiama il ragazzo che si è presentato in ufficio).
Non tutti lo sanno ma anche per i cittadini italiani che hanno lavorato all’estero è possibile richiedere, una volta rientrati in Italia, la domanda di disoccupazione.
Ci sono però dei termini precisi da rispettare per poter richiedere questa prestazione e, devo dire che Alberto, dietro consiglio del mio collega, era arrivato da me più che preparato!
Infatti aveva già reso la dichiarazione di immediata disponibilità al lavoro (D.I.D.) al centro per l’impiego più vicino alla sua residenza (dichiarazione che va resa entro e non oltre 30 giorni dal rimpatrio) ed era anche rimpatriato entro 180 giorni dalla data di cessazione del rapporto di lavoro.
Aveva non solo già fatto timbrare e firmare al suo ufficio bancario il modello SR163 (modello che dal 2016 è obbligatorio presentare per la richiesta all’Inps di alcune prestazioni assistenziali quali, per esempio, la disoccupazione; l’autorizzazione agli assegni familiari dei collaboratori domestici; il bonus bebè; il premio alla nascita; ecc.) ma con sé aveva dietro anche il biglietto aereo di ritorno, la lettera di assunzione e quella di cessazione del rapporto di lavoro e alcune buste paga.
La pratica di Naspi da rimpatrio, di per sé, è stata veloce ma Alberto ha dovuto attendere un po’ di mesi prima di ricevere dall’Inps l’accredito della disoccupazione sul proprio conto corrente.
Questo perché l’Inps, una volta ricevuta la richiesta e la relativa documentazione, deve inviare il modello U1 all’ente previdenziale australiano il quale, a sua volta, deve rinviarlo compilato e vistato all’Inps.
La trafila è stata un po’ lunga ma noi non demordiamo mai e ci siamo riusciti!
Beh, diciamo che sicuramente l’Inps non avrebbe mai potuto dimenticarsi di inviare il modello U1 in Australia perché, come si dice, ogni due per tre, noi del Patronato eravamo pronti a ricordarglielo.
a cura di Maria Romeo